20 gennaio 2004

Entropia felina

Dietro le mie spalle un nuovo universo è esploso. È incredibile quanta superficie può essere occupata dal contenuto di due scatole di giochi.
Il gatto osserva impassibile il disastro, dall'alto della sua poltrona si sente superiore a questi piccoli divertimenti del mini umano col quale è costretto a convivere.
Muove leggermente le orecchie e strizza gli occhi gialli quando un urlo lacera l'aria, ma non si scomoda, nemmeno quando un piccolo UFO gli atterra addosso.
Il gatto osserva con attenzione quel coso che si muove sul pavimento, alto meno di un metro. Non lo può inserire nella categoria degli umani, non è nemmeno un suo simile, non fa parte nemmeno della categoria degli oggetti semoventi e fastidiosi tipo aspirapolvere. Decisamente non è un piccione e fa troppo rumore per essere un pesce rosso. Il suo piccolo cervello felino non è ancora riuscito a trovare una giusta collocazione per questo essere che gli ruba spazio vitale.
L'unica cosa di cui è certo, e che non comprende, è che a questo esserino è permesso svuotare intere scatole di oggetti spargendole uniformemente per la casa, mentre a lui, povero e maltrattato gatto, non è permesso trastullarsi con giochini vari nella sua ora preferita, quando tutto è silenzio e il sole dorme dall'altra parte del mondo.
L’entropia aumenta e il gatto osserva.

19 gennaio 2004

L'inizio

Il ricordo più antico che ho è di una me stessa, credo 3enne o poco più, aggrappata alle sbarre del giardino, alla scuola materna. Il mio cuore gonfio di pianto e gli occhi pieni di lacrime, guardavo la mia macchina, o meglio quella dei miei, spiaccicata da un grosso bidone appena caduto da un camion. Oggi penserei inorridita a cosa sarebbe potuto succedere se invece della macchina ci fosse stata una persona, o se la macchina fosse stata occupata. Ma allora pensavo solo con disperazione alla mia macchinina tutta rotta. Ogni oggetto, come per ogni bambino, era per me dotato di vita propria, compresa la capacità di provare sentimenti, emozioni e dolore. La mia macchina soffriva sotto il peso di un grosso bidone e io ero impotente dietro le sbarre di quel cortile. Questo mio ricordo è come una foto in bianco e nero, leggermente sgranata, come se fosse stata ingrandita. Sono in piedi, le mani sulle sbarre, una gonnellina scozzese (o forse pantaloni a zampa?) e un cappottino molto anni '70, con cappuccio. Non ricordo assolutamente cosa sia successo in seguito alla macchina, sicuramente nulla è successo al guidatore del camion, dato che di certo non ho avuto la presenza di spirito di prendere il numero di targa.