... inquietudine, malessere, inadeguatezza. Forse è la primavera, o il concludersi di un ennesimo mio anno di vita. Si tende a tirare le somme, a guardarsi le spalle, a vedere cosa si è fatto, cosa invece è rimasto incompiuto.
Mi sono laureata a pieni voti ormai 11 anni fa, e ora che faccio? Sono precaria, faccio un mestiere che dovrebbe lasciarmi tanto tempo libero e invece mi occupa la mente e le giornate come mai avrei creduto. Quel che peggio è che ogni cosa che faccio, ogni cosa che preparo, ogni cosa che studio, potrebbe non servirmi più, e l'anno prossimo sarà tutto di nuovo daccapo: nuovo ambiente, nuovi colleghi, nuovi studenti, magari anche nuove materie e nuovi programmi. Così è andata negli ultimi anni e, se sarò fortunata, così andrà, fino alla fine, probabilmente, la mia fine.
Per l'anno prossimo non so se augurarmi un altro contratto, ovviamente in un'altra scuola e tutto da rifare, o se rimanere disoccupata e a 36 anni ricrearmi una qualche professionalità, inventarmi un mestiere.
Mi sento in gabbia, chiusa, costretta. Avessi la certezza di restare sempre nello stesso posto, saprei che le fatiche di oggi sono investimento per domani, ma non è così. Preparo lezioni, compiti, invento strategie, ma l'anno prossimo sarò da tutt'altra parte, altre esigenze, altri problemi e sarà tutto da rifare.
È frustrante, alienante. Le mie giornate passano e non riesco a fare nulla per bene.
Le foto da sistemare si accumulano, anni e anni di ricordi che sbiadiscono, dove le avrò scattate, cosa pensavo, cosa facevo? Si perde tutto e si accumula a prender polvere la vita.
I bambini crescono e non riesco a trovare il tempo di fare con loro ciò che vorrei. Da quando siamo in questa casa ho promesso a Davide di fargli dipingere una parete del box o della cantina, sono passati ormai più di tre anni.
Mi sento spenta, vuota, vado avanti per dovere, non vedo futuro per me e tanto meno per i miei figli.
Questa Italia è sempre più brutta, più meschina, mi vergogno di chi mi sta intorno, e intanto procedo nel mio apparente benessere, con un peso nel cuore, ormai incapace di sognare.
Non posso permettermi di lamentarmi, di esternare il mio malessere perché per tutti io dovrei essere felice e soddisfatta della mia piccola vita. Ma questa vita precaria, questo dover cambiare ogni anno, questa incertezza nel futuro, mi stroncano, mi abbattono, mi affossano.
Non sono più io, stento a riconoscere ciò che ero. Sono solo un guscio vuoto, di apparenza, di atti e movimenti. Mi sento arida, spenta.
Nel buio attendo che una luce si accenda e mi illumini la via.
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